Ottobre 2021
Interventi necessari sulla chioma della grande roverella morta
Sono passati circa tre anni da quando, ricevendo anche qualche critica palesemente poco informata (di cui diamo conto più sotto), eravamo stati costretti a intervenire sulla grande roverella ormai morta con un drastico taglio delle branche rivolte verso la strada per comprensibili motivi di sicurezza. In questo arco di tempo il processo di disseccamento dei rami e del fusto è progredito, favorito anche dai lunghi periodi di alte temperature e assenza di precipitazioni che hanno caratterizzato le ultime estati. A questi fattori si è aggiunta l’azione delle larve di insetti che si nutrono di legno e di varie specie di microrganismi fungini. La grande roverella oggi mostra diffusi scortecciamenti, molte piccole crepe che si stanno allargando e alcuni carpofori fungini su una grande branca primaria. Per questi motivi si è valutato indispensabile compiere un nuovo intervento di riduzione della chioma, accorciando le branche per ridurre i rischi di stroncature che potrebbero mettere a repentaglio l’incolumità dei tanti frequentatori del parco e deformare in maniera irreparabile la magnifica struttura della pianta. L’intervento si svilupperà in primo luogo sul lato rivolto verso la strada, accorciando i rami più lunghi o deboli, ma interesserà questa volta l’intera chioma per cercare di dare una forma omogenea e bilanciata alla pianta, in modo da conservarne, per quanto possibile, il peculiare portamento e quell’intreccio di possenti ramificazioni che è sempre stata la sua caratteristica più spettacolare.
Il cantiere verrà avviato nelle prossime settimane, appena organizzata la squadra specializzata che si occuperà di questo delicato intervento, e procederà adattandosi per gradi a quanto sarà rilevato in corso d’opera riguardo al livello di degradazione e stabilità effettiva di ogni singola ramificazione. L’obiettivo principale è di prolungare il più a lungo possibile la presenza di questo monumento naturale, a cui tutti siamo particolarmente legati, e che tuttora rappresenta uno dei simboli del parco.
Qualche ramo tagliato sarà mantenuto sul posto e usato come seduta per creare un’area di sosta nelle immediate vicinanze.
Luglio 2019
La grande roverella morta: un piccolo, istruttivo caso mediatico
Verso la fine del luglio 2019, intorno al tronco e ai rami ormai per sempre spogli della grande roverella del Parco Villa Ghigi, a Bologna è sbocciato, complice forse il periodo estivo, un piccolo caso mediatico che è istruttivo ripercorrere, perché induce a qualche riflessione su come vengono trattate le questioni riguardanti gli alberi e il verde ma, soprattutto, per ripristinare in via definitiva la verità dei fatti.
Tutto è cominciato il 23 luglio con una breve lettera inviata alla rubrica il colloquio, tenuta da Cesare Sughi sul Resto del Carlino:
La quercia mozzata
A Villa Ghigi, la quercia maestosa all’angolo del vialetto, è morta. In alto le sue braccia barbaramente mozzate. È così che si pota? Ma qualcuno controlla la manutenzione verde? Piango, piango e non so che cosa fare. Maddalena Avella
Il giorno dopo il direttore della Fondazione Villa Ghigi ha scritto al giornalista per precisare i termini della questione:
Gentile Dr. Sughi,
nella sua rubrica il colloquio di martedì 23 luglio è riportata una breve lettera di Maddalena Avella che fa riferimento alla grande quercia (una roverella) che si incontra sulla destra salendo per il Parco Villa Ghigi e lamenta con toni melodrammatici le sue “braccia barbaramente mozzate”. Credo che la signora debba rivolgere altrove la sua vis polemica e cerco di spiegare perché, visto che, come molti bolognesi che lo frequentano sanno, a partire dal 2004 il parco, in accordo con il Comune di Bologna, è direttamente gestito dalla Fondazione Villa Ghigi (che ha sede in un edificio colonico della parte alta). Il grande esemplare di roverella, un vero simbolo del parco, è purtroppo definitivamente morto lo scorso anno dopo almeno un decennio di progressiva senescenza. Da quando abbiamo la gestione abbiamo sottoposto la situazione della pianta a vari esperti di livello nazionale. Tutti, fin da subito, ci hanno dato poche speranze sulla sua sopravvivenza (ma sono stati comunque tentati alcuni interventi di cura per cercare di prolungarne l’esistenza). Non mi dilungo su possibili cause specifiche (ci sono solo ipotesi), cambiamenti climatici e altri fattori. È nostra intenzione conservare il più a lungo possibile questo vero e proprio monumento naturale, anche con interventi che ne garantiscano la stabilità. È tuttavia indispensabile, come mi ricorda la Dr.ssa Teresa Guerra, che segue per noi la gestione del parco, provvedere a ridurre le ramificazioni che si protendono sulla strada, via via che il legno della pianta si secca, per evitare pericoli e danni ai frequentatori e a chi è autorizzato ad accedere con veicoli nel parco o nelle proprietà subito oltre. Per quanto riguarda le lacrime, in ogni caso, qualcuna l’abbiamo versata anche noi, per esempio nello scorso settembre, durante la manifestazione Viviilverde di IBC, quando proponemmo una passeggiata nel parco che si concluse con un breve e commovente concerto di musica barocca proprio davanti alla roverella, per dirle addio e spiegare, come avevamo peraltro già fatto in varie occasioni, ciò che era avvenuto e come intendevamo procedere per il futuro. Grazie per l’ospitalità.
Mino Petazzini – direttore Fondazione Villa Ghigi
Cesare Sughi non ha ritenuto di pubblicare la risposta.
Alcuni giorni dopo, però, il 27 luglio, sul Resto del Carlino è comparso un articolo a firma Luca Orsi, intitolato La Grande Quercia malata nel parco di Villa Ghigi – I sette alberi monumentali – allarme per l’imponente pianta secolare. Nell’articolo venivano riprese altre melodrammatiche espressioni di Maddalena Avella, forse tagliate nella lettera in precedenza pubblicata, si faceva un po’ di confusione sullo stato attuale della pianta (malata? Morta?) e si dava conto di una domanda nel question time comunale posta dalla consigliera Mirka Cocconcelli (Lega), che chiedeva al sindaco e alla giunta “una valutazione politica nel merito inerente la manutenzione del verde pubblico del parco di Villa Ghigi, conscia che parte della manutenzione del suddetto verde pubblico è di pertinenza della Fondazione Villa Ghigi” e commentava: “Ma da quanto mi hanno detto quello splendido albero era malato da almeno un paio d’anni”. Nell’articolo, in una breve nota intitolata Un dono e catalogata come “Curiosità”, si faceva anche riferimento alla donazione da parte della famiglia Ghigi di villa e parco al Comune.
L’articolo, per il resto era occupato dalla descrizione dei sette alberi monumentali di Bologna che sono stati inseriti nell’elenco nazionale istituito dal Ministero delle Politiche Forestali (la Fondazione Villa Ghigi, per inciso, ha collaborato con il settore Verde e Ambiente del Comune di Bologna nell’individuazione e nella schedatura degli alberi del territorio comunale tra i quali il Corpo Forestale, insieme con la Regione Emilia-Romagna, ha poi selezionato i sette esemplari di cui sopra: uno è il cedro dell’Himalaya davanti a Villa Ghigi).
Sempre il direttore della Fondazione, il giorno successivo, riscriveva a Cesare Sughi:
Gentile Dr. Sughi,
ho visto che non ha ritenuto di pubblicare sulla sua rubrica la mia lettera (o parte di essa se eccedeva la lunghezza consentita) sull’argomento.
Ho anche visto che sabato è apparso un articolo sul Resto del Carlino, a firma Luca Orsi, che riprende l’argomento senza tenere minimamente conto delle mie precisazioni.
L’articolo contiene molte inesattezze: la più grave (e paradossale) è che la quercia in questione non è malata ma morta da almeno un anno e mezzo. Anche la notizia, data in una didascalia, che la famiglia Ghigi abbia donato il parco al Comune di Bologna è falsa (ci fu solo una parziale donazione negli anni ’60, in cambio della possibilità di rendere edificabile la parte più bassa dell’area, e il resto della tenuta, una volta morto Alessandro Ghigi, venne venduto in parte al Comune e in parte a privati nei primi anni ’70; è una storia che ho raccontato più volte, anni fa anche in un convegno dell’Unione Bolognese Naturalisti e negli atti che ne seguirono, mostrando i relativi documenti).
L’Amministrazione comunale, ovviamente, era da anni informata dello stato della pianta e delle perizie dei vari esperti da noi consultati, a cominciare dal docente dell’Università di Bologna che anche l’Amministrazione spesso interpella in questi casi. Per il resto, lo abbiamo fatto sapere alla città in vari modi e in più occasioni, sia durante la lunga fase di evidente senescenza dell’esemplare (una decina di anni) che in questo ultimo periodo, con la passeggiata e il concerto del settembre 2018 che citavo nella mia lettera e anche nel pieghevole sul Parco Villa Ghigi che abbiamo presentato nella primavera 2019 e di cui stiamo curando una larga distribuzione (le invio il pdf in allegato, si legga il punto di interesse 9).
La cosa che mi stupisce, tuttavia, è che né lei né il suo collega che ha scritto l’articolo abbiano ritenuto di rivolgersi per informazioni anche alla Fondazione, che gestisce il parco e che, forse, aveva titolo per fornire qualche elemento di prima mano sulla questione. Siccome voglio credere alla vostra buona fede vi chiedo come possiamo far sentire anche la nostra voce ai lettori del vostro giornale. Se non sarà possibile cercheremo comunque di far conoscere la nostra versione dei fatti con i (pochi) strumenti che abbiamo a disposizione, a cominciare dal nostro sito.
Le sarei grato di una risposta.
Con i più cordiali saluti
Mino Petazzini – direttore Fondazione Villa Ghigi
Neanche questa lettera ha avuto risposta, ma il 30 luglio, dopo che il giorno precedente l’assessore Alberto Aitini aveva risposto in maniera esauriente alla consigliera Cocconcelli, sul Resto del Carlino compariva un secondo articolo, questa volta intitolato Impossibile salvare la vecchia quercia, in cui la vicenda veniva riportata in termini più equilibrati e, pur senza citare la fonte, venivano utilizzate, oltre a quelle dell’assessore, un paio di frasi prese dalle lettere inviate dal direttore della Fondazione.
Caso mediatico chiuso, si direbbe.
Rimane il fatto che il breve sviluppo della vicenda ha lasciato un po’ di amaro in bocca nel presidente, nel consiglio d’amministrazione, nel direttore e nel personale della Fondazione, che ritengono di aver fatto in questi anni, sia per quanto riguarda la gestione della pianta che per quanto riguarda l’informazione alla città, tutto quanto era nelle loro possibilità. Ma fa anche riflettere come il naturale sentimento di empatia con gli alberi che molti sentono, e che tante volte abbiamo con gioia e soddisfazione potuto constatare durante il nostro lavoro, tenda a volte a trasformarsi in attitudine polemica e pura malevolenza. Come se chi prova questi sentimenti si sentisse l’unico a provarli, in un mondo di sadici persecutori degli alberi e della natura. Per fortuna, invece, ad avere questi sentimenti sono in tanti. E noi tra questi. Ma in questo come in altri casi, viene da chiedersi perché chi scrive parole tanto avvelenate non ha l’umiltà e l’intelligenza di informarsi prima di lanciarsi in giudizi tanto liquidatori (spesso senza avere le informazioni e le competenze sufficienti per esprimerli). Nel caso specifico, ad esempio, se Maddalena Avella avesse davvero frequentato negli ultimi anni il parco, avrebbe visto, con la stessa angoscia con cui l’abbiamo vissuta noi, la grande roverella ridurre a ogni primavera il suo fogliame, confinarlo in pochi rami verso l’Osservanza e Villa Aldini sino a non mostrare più foglie nella primavera del 2018.
Volendo allargare un poco lo sguardo, inoltre, riteniamo opportuno far presente che la grande roverella non è l’unico albero a cui in questi anni ci siamo dedicati con particolare attenzione. La cura degli alberi secolari, infatti, rappresenta uno degli aspetti a cui teniamo in modo particolare, consapevoli del valore che essi rivestono per un’area verde storica come il Parco Villa Ghigi. Sono circa una quarantina i grandi alberi del parco periodicamente monitorati, anche grazie al contributo di professionisti che ci supportano con indagini strumentali e suggerimenti operativi. Tra questi, oltre a diverse roverelle, c’è il grande cedro dell’Himalaya davanti a Villa Ghigi, un esemplare che ha oltre 150 anni e che proprio negli ultimi tempi sta mostrando un graduale deperimento, in parte da collegare alle ferite causate negli anni ’90 del secolo scorso da un fulmine che ne troncò la cima, lasciando una lunga ferita sul tronco ancora ben visibile. Da qualche mese un’ampia pedana in legno protegge l’apparato radicale del vecchio albero dall’eccessivo calpestio da parte dei visitatori: un intervento mirato a prolungare quanto più possibile la sua vita, ma che siamo consapevoli non potrà invertire l’andamento generale della pianta. Una curiosità: quando il grande cedro fu piantato dai Ghigi nel 1874, anno di acquisizione della proprietà, nel piazzale della villa gli esemplari messi a dimora furono tre: il primo seccò a metà ’900 e il secondo fu abbattuto nel 1975 a causa di una carie del legno che ne aveva compromesso la stabilità (ma il suo tronco consumato giace ancora oggi nel prato davanti alla villa). È evidente che l’ultimo dei tre cedri ha per noi un valore speciale e la sua cura è un compito delicato che cerchiamo di svolgere al meglio, con una certa preoccupazione per la sua sorte.
Dal momento che si è ricordata la famiglia Ghigi, cogliamo l’occasione per ribadire, come già accennato nella seconda lettera del direttore della Fondazione, che la notizia circolata per decenni e che tuttora come si vede riaffiora, un po’ come una fiaba, secondo la quale il Parco Villa Ghigi sarebbe il frutto di una donazione del prof. Alessandro Ghigi al Comune di Bologna è destituita di fondamento. Soprattutto in campo ambientale Alessandro Ghigi ha molti meriti, ma non questo. La verità, come si può leggere nel nostro sito (Storia della Villa e del Parco), è che Alessandro Ghigi donò una limitata porzione della sua tenuta al Comune negli anni ’60 del secolo scorso, ottenendo in cambio l’edificabilità della sua parte più bassa, dove nel decennio successivo sorsero le ville e la palazzina che i frequentatori incontrano mentre salgono da via San Mamolo. Dopo la sua morte (1970), negli anni immediatamente successivi gli eredi vendettero, per 230 milioni di lire, buona parte della tenuta al Comune di Bologna, includendo la villa, la casa del custode e due nuclei colonici; i restanti terreni e due nuclei colonici furono venduti a privati (un podere era stato, invece, donato al CNR negli anni ’60). Il Comune di Bologna aprì il parco al pubblico nel 1974.
Per concludere riportiamo dagli appunti dei nostri tecnici che hanno seguito gli ultimi anni di vita della roverella questa sintetica cronologia, che forse vale più di tante altre considerazioni:
2011
Dopo un’estate molto calda, primi segni evidenti di sofferenza: chioma rada e foglie ridotte.
2012
Indagini preliminari da parte del Dr. For. Vincenzo Blotta (Ord. Dr. Agr. For. di Bologna) sulla base delle quali, viste le condizioni preoccupanti, si ritengono necessari anche approfondimenti da parte di altri specialisti.
Indagini su alcune querce del parco da parte del Servizio fitosanitario della RER per verificare la presenza di alcuni organismi patogeni; l’indagine da esito negativo.
Campioni dalla pianta inviati all’Università di Torino e analizzati dal Prof. Paolo Gonthier; gli esami di laboratorio mostrano infezioni fungine nei rami terminali, in parte veicolate da insetti scolitidi.
Approfondita perizia da parte del Dr. For. Luigi Strazzabosco, assistito dai Dr. For. Sergio Luison e Sergio Sgrò (Ord. Dr. Agr For. di Padova); l’indagine interessa sia la parte aerea che l’apparato radicale superficiale; viene confermato il deperimento vegetativo generale della pianta (accrescimento molto ridotto del fusto negli ultimi anni, trasparenza della chioma tra 40 e 50%, significativa riduzione dell’apparato radicale), classificata in età molto avanzata (9 su una scala di 10).
Trattamento endoterapico sul fusto con infusione di biostimolatori per favorire l’accrescimento dell’apparato radicale.
Perizia strumentale sulla pianta (tomografia) da parte del Dr. For. Vincenzo Blotta; l’indagine non evidenzia problemi di carattere statico, confermando invece tutte le problematiche di tipo vegetativo.
Sopralluogo congiunto con i tecnici responsabili del Comune di Bologna e richiesta di parere da parte del Comune di Bologna al Prof. Alberto Minelli (Università di Bologna).
2013
Parere del Prof. Minelli, con relative indicazioni operative.
La pianta inizia la ripresa vegetativa con molto ritardo rispetto alle altre querce.
Sopralluoghi da parte del Prof. Minelli per verificare i ritmi di foliazione della pianta; nel corso dei sopralluoghi vengono eseguite analisi fogliari per valutare l’efficienza fogliare in più punti della chioma.
2014
Ripresa vegetativa ritardata rispetto alle altre querce.
Indagine strumentale (tomografia elettrica) da parte del Prof. Minelli e raccolta di campioni del terreno intorno alla pianta (carotatura); sono presenti anche il Dr. For. Blotta e tecnici del Comune.
Altre indagini fogliari da parte del Prof. Minelli.
Primo trattamento fogliare con miscela di nutrienti operato da ditta specializzata.
Secondo trattamento fogliare con miscela di nutrienti operato in tree climbing da ditta specializzata. Rilevata la presenza di fori da insetti scolitidi sul fusto.
2015
Ripresa vegetativa ritardata rispetto alle altre querce.
Trattamento fogliare con miscela di nutrienti operato da ditta specializzata in tree climbing.
Fogliame sviluppato con dimensioni regolari, ma comparsa di nuove cime secche.
Estate molto calda, a fine mese molto seccume, trasparenza della chioma al 30%, molte cime spoglie sul lato strada.
Rimonda dal secco.
Invio documentazione al Dr. Agr. Daniele Zanzi (Ord. Agr. For. di Varese) per un parere.
2016
Ripresa vegetativa ritardata rispetto alle altre querce.
Sopralluogo nel parco del Dr. Zanzi (a titolo gratuito); rilevata situazione di avanzata senescenza della pianta dovuta all’età, aggravata da agenti patogeni opportunisti, non escludendo una possibile influenza legata alla sistemazione della strada e dei fossi adiacenti (negli anni ’70) che può avere alterato l’apporto idrico; visto lo stato della pianta, il Dr. Zanzi non ha avanzato proposte di interventi diversi da quelli già attuati o in corso, non essendoci, sulla base della sua esperienza, azioni in grado di garantire un recupero certo della roverella.
Allestito impianto fisso per l’irrigazione di soccorso con tubi di derivazione dal Becco; irrigazione operata durante tutta l’estate.
Sopralluogo del Prof. Minelli; le analisi fogliari da lui eseguite hanno dato esiti positivi, la defogliazione però è aumentata; constatato il decadimento progressivo della pianta con andamento anomalo, potrebbe durare per anni o concludersi in un paio di anni; il decadimento non sarebbe derivato a suo parere alla sistemazione della strada; valutato che i trattamenti fogliari non danneggiano, ma non risultano efficaci, anche l’irrigazione di soccorso non è, a suo avviso, determinante per il recupero della pianta.
Rimaste solo poche foglie sulle branche maggiori e nella parte della chioma rivolta a valle verso l’interno del bosco.
Ingiallimento e disseccamento precoce delle foglie.
Riduzione delle branche che sporgono sulla strada; rilevate degradazioni del legno nei rami.
2017
Ripresa vegetativa molto ritardata e limitata al settore della chioma a valle rivolta verso il bosco.
Presenza di pochissimo fogliame verde.
Disseccamento precoce di parte del fogliame nuovo.
Prosecuzione dell’intervento di irrigazione di soccorso con tubi di derivazione dal Becco.
Pianta già quasi spoglia a luglio.
2018
Intervento di riduzione delle branche rivolte sulla strada; tagliato molto la branca maggiore sulla strada a causa della cavità con interno degradato ritrovata in corrispondenza di una vecchissima ferita a metà della lunghezza.
Nessun segno di ripresa vegetativa.
Una branca della grande roverella nel 2021
La grande roverella nel Parco Villa Ghigi (2013)
(2014)
(2015)
(2016)
(2017)
(2018)