I frutti della rosa selvatica

In questo momento dell’anno, quando la maggioranza delle piante sono a riposo, prive di foglie e fioriture, a ravvivare il parco contribuiscono i frutti di un bel rosso acceso della rosa selvatica (Rosa canina), che spiccano numerosi sui rami nudi e spinosi di questa specie arbustiva spontanea che svolge un’importante funzione di pianta pioniera sui terreni abbandonati o ai margini dei boschi, dove spesso forma macchie impenetrabili. Cinòrrodi è il nome utilizzato in botanica per definire questi falsi frutti a forma di piccola pera, con la superficie liscia e i residui del fiore visibili sulla cima. L’aspetto è carnoso, ma all’interno nascondono molti piccoli semi duri avvolti da peli. Quando i frutti sono ben maturi, la parte morbida, per quanto ridotta, è una fondamentale fonte di nutrimento per la fauna del parco; essendo molto ricca di vitamina C e altre sostanze utili, trova molteplici impieghi in medicina ed erboristeria (come antinfiammatorio o antidolorifico) e anche per la produzione di marmellate. Nell’antichità, invece, si credeva che fosse la radice a poter curare la rabbia trasmessa dai morsi dei cani e da questo ha avuto origine il nome. Nelle prossime settimane i frutti diventeranno un po’alla volta bruni e avvizziti, pur rimanendo visibili sino a primavera, quando le rose riprenderanno la loro attività e torneranno a rivestirsi, tra maggio e giugno, dei loro bei fiori bianco rosati dal delicato profumo.

Una pedana sotto al cedro

Sotto la chioma del grande cedro dell’Himalaya (Cedrus deodora) davanti a Villa Ghigi proprio in questi giorni è stata realizzata una pedana in legno di larice destinata ad accogliere i visitatori che desiderano vedere da vicino questo magnifico esemplare arboreo. L’intervento, che rientra nelle azioni del progetto europeo HICAPS, si è reso necessario per attenuare gli effetti negativi del calpestio nel sottochioma dell’albero che nel tempo hanno reso il terreno molto compatto, rischiando di compromettere le condizioni vegetative e fitosanitarie della pianta. Prima di posare la pedana il terreno è stato decompattato e arieggiato facendo uso di una lancia ad aria compressa (metodo air spade) e miscelato con terriccio e sabbia per renderlo più permeabile e poroso. Al momento la zona è recintata in attesa del completamento dei lavori: mancano i raccordi tra la pedana e il terreno intorno e le tavole di legno non possono ancora essere calpestate. Chiediamo a tutti i frequentatori di prestare la massima attenzione, anche con i cani, e di non entrare nello spazio protetto, per non compromettere questo importante intervento di cura di uno degli alberi più significativi del parco, di recente inserito tra gli alberi monumentali d’Italia. Basta portare ancora un po’ di pazienza: tra non molto sarà, crediamo, piacevole ammirare il grande tronco e i rami dell’albero, stando un po’ sollevati da terra, su una pedana protettiva che ci sembra anche molto bella da vedere. Intanto, ancora buone feste a tutti.

Vento e alberi

Come gran parte del vento
Accade dove ci sono alberi,
Così gran parte del mondo
Si concentra intorno a noi.
Spesso dove il vento ha sospinto
Gli alberi insieme e insieme,
Un albero ne prenderà un altro
Tra le braccia e lo terrà stretto.
I loro rami che si sfregano
Furiosamente insieme e insieme,
Ma non è un vero fuoco.
Si spezzano tra loro.
Penso spesso che dovrei essere
Come un albero solitario, senza meta,
Dato che il mio braccio non può e non vuole
Rompere gli altri. Eppure dalle mie ossa rotte
Sento che cambia il tempo.
Paul Muldoon

 

Buone feste e felice 2019🎄dalla Fondazione Villa Ghigi

Le foglie dorate e i frutti di Ginkgo

La ginkgo (Ginkgo biloba) è una pianta unica nel mondo, sia perché è l’ultima rappresentante di un antico gruppo ormai estinto, e quindi di grande valore botanico, sia per la particolarità e bellezza delle foglie, inconfondibili per la forma a ventaglio con una piccola incisione al centro nel margine superiore, a volte appena accennata o assente. In autunno poi, quando al sopraggiungere del freddo le foglie prima di cadere mutano colore in breve tempo, assumendo una colorazione gialla brillante, quasi dorata, esprimono al massimo quel pregio ornamentale che le ha rese giustamente note. A Bologna gli esemplari più maestosi si possono ammirare all’Orto Botanico e in piazza Cavour, ma la specie occupa un posto di rilievo anche in altre piazze del centro storico e in molti giardini della città. Nel parco un breve filare di ginkgo si trova poco oltre l’ingresso di via San Mamolo, a lato del rio Fontane, e in questi giorni mostra anch’esso una splendida veste autunnale. Il primo a ingiallire è stato l’esemplare più giovane a metà filare, le ultime sono state le piante più vecchie nei pressi del tornante. Questo periodo è anche il momento in cui dalle ginkgo “femmina” (nella specie si distinguono esemplari che producono infiorescenze maschili ed esemplari con fiori femminili che danno poi origine ai frutti) cadono a terra i frutti carnosi, color ocra, con all’interno un seme duro di colore più chiaro, che quando iniziano a degradarsi emanano un odore decisamente sgradevole, anch’esso per certi versi inconfondibile.

I “fiori” del cedro dell’Himalaya

Da alcune settimane il parco ha iniziato a indossare la veste autunnale: aceri campestri, noci, fichi e tigli si sono colorati di giallo, peri e frassini hanno assunto tinte violette, i kaki sfoggiano il loro magnifico fogliame rosso aranciato. Mentre tutte queste caducifoglie gradualmente riducono la loro attività, altre piante sono in pieno fermento, ad esempio i cedri, per i quali l’autunno coincide con il momento della fioritura. Passando davanti alla villa in questi giorni è difficile non notare le tante curiose strutture che sporgono tra i gruppi di foglie aghiformi del grande cedro dell’Himalaya e dalle quali, quando i lunghi rami ondeggiano, si diffondono nuvole di fine polvere giallognola. Le strane spighe verdi erette, lunghe circa 6 cm, sono le infiorescenze maschili di questi maestosi alberi che a maturità si aprono liberando grandi quantità di polline. Le infiorescenze femminili, destinate a raccogliere questo polline leggero, sono simili, ma più piccole e nascoste e saranno evidenti solo nei prossimi mesi, quando cominceranno ad aumentare di volume per diventare i caratteristici coni a barile che spiccano su altri rami della stessa pianta. Il momento della fioritura è anche uno dei caratteri che permette di distinguere il cedro dell’Himalaya dal cedro dell’Atlante. Quest’ultimo, infatti, di cui si riconosce un esemplare con gli aghi di colore verde azzurro tipici della varietà glauca nel boschetto subito a ovest del grande cedro, ha iniziato a disperdere il polline già da alcune settimane e a terra, intorno al fusto, si ritrovano molte infiorescenze maschili cilindriche, di colore bruno-rossastro, ormai secche.

Gli ultimi fiori dell’edera

Finita ufficialmente l’estate, è il momento delle fioriture autunnali per varie specie erbacee del sottobosco. I ciclamini, in realtà, sono comparsi in piccoli gruppi già dal mese passato, e il caldo delle scorse settimane ha fatto anticipare altre fioriture tipiche di questo periodo come quella dell’edera (Hedera helix), una specie ben nota e diffusa nel parco, il cui esemplare di maggiore rilievo si incontra salendo da via San Mamolo al terzo tornante, col grosso fusto abbarbicato a una vecchia robinia e le foglie del rampicante che hanno quasi del tutto preso il posto della chioma originaria della pianta (visibile solo in cima all’albero). Sono forse gli ultimi giorni per apprezzare le infiorescenze a ombrella arrotondata dell’edera che compaiono sulle cime dei rami fioriferi, curiosamente dotati di foglie quasi ovali, assai differenti da quelle lobate caratteristiche dei rami più in ombra, che la pianta sviluppa per aggrapparsi a un sostegno. I singoli fiori sono piccoli, con cinque petali verdastri e cinque stami gialli intorno a un unico pistillo, ma talmente ricchi di nettare che nelle giornate di sole, passando vicino a un’edera in fiore, si resta inebriati dall’intenso profumo dolciastro. Attenzione a non avvicinarsi troppo, però, perché il nettare dell’edera richiama in gran numero api, calabroni e altri insetti, per i quali è un importante fonte di nutrimento in questo momento dell’anno. I frutti, bacche nere tossiche per l’uomo, saranno invece nel prossimo inverno una riserva di cibo fondamentale per merli e altri passeriformi.

Icaro e Podalirio

Se l’insetto che in queste settimane si fa maggiormente notare, nel parco come in tanti altri luoghi di Bologna, è sicuramente la cicala, il cui frinio incessante risuona nelle giornate di sole, in questo periodo molti altri invertebrati si possono incontrare nei prati e nel sottobosco. Tra questi, le farfalle sono tra le più facili da riconoscere. Oltre alle bianche cavolaie, ad esempio, ci si può imbattere nel piccolo icaro o argo azzurro (Polyommatus icarus), decisamente curioso per lo spiccato dimorfismo sessuale: i maschi, infatti, hanno le ali superiori di colore azzurro violetto, mentre le femmine sono marroni. La farfalla più leggiadra è però il podalirio (Iphiclides podalirius), una delle più grandi (sino a 9 cm) e appariscenti che si vedono da noi, con le ali chiare segnate da bande nere e le caratteristiche lunghe appendici delle ali posteriori (spesso incomplete, come nell’esemplare della foto). Gli adulti cercano il nettare su vari fiori, i bruchi si alimentano soprattutto su peri, ciliegi, prugni e biancospini; tutte specie abbondanti nel parco, che garantiscono di poter ammirare ogni anno il volo leggero ed elegante di questo lepidottero.

Il riposo del ghiro

Nella primavera appena conclusa sono stati fatti nuovi sopralluoghi di controllo dei nidi artificiali distribuiti nel parco, di cui vi diamo un rapido resoconto. Il rinvenimento più interessante è stata una nidiata di cincia bigia (Poecile palustris), con 7 giovani già pronti all’involo. Cinciallegra (Parus major) e cinciarella (Cyanistes caeruleus) si sono confermate presenze ormai costanti in alcuni dei nidi a loro destinati mentre, come lo scorso anno, una coppia di codirosso (Phoenicurus phoenicurus) ha scelto di nidificare in uno dei nidi per balestruccio presenti sulle pareti del Palazzino. Per questa specie, durante l’ultimo controllo, è stato installato un nido dedicato e il prossimo anno scopriremo se sarà di suo gradimento o se continuerà a preferire altre tipologie di nidi. Ora che la stagione riproduttiva di molte specie è finita, i nidi continueranno tuttavia a essere utilizzati come riparo per una sosta notturna o, in qualche caso, diurna. È abbastanza frequente, ad esempio, sorprendere raggomitolato sul fondo un  semplare di ghiro (Myoxus glis), piccolo roditore dal morbido mantello grigio e dai grandi occhi neri sporgenti, che trascorre la giornata riposandosi, in attesa di ripartire la sera alla ricerca di nocciole, germogli, semi o insetti.

Le apparizioni del ramarro

In queste settimane, soprattutto al mattino, nel parco è possibile incontrare qualche bell’esemplare di ramarro occidentale (Lacerta bilineata) arrampicato su un tronco e intento a termoregolarsi. Per questa specie, maggio e giugno sono il momento della riproduzione e i maschi adulti mostrano la loro livrea migliore, di un bel verde brillante con una vistosa macchia azzurra sulla gola, e sono più attivi, visibili e pronti ad allontanare i contendenti dal loro territorio con caratteristici duelli. Le femmine, dalla colorazione variabile tra verde tenue e bruno, anche con punteggiature scure, si stanno apprestando, invece, a scavare le piccole buche dove a breve deporranno una ventina di uova biancastre, lunghe circa 20 mm, che schiuderanno alla fine dell’estate lasciando uscire giovani di 3-6 cm completamente bruni. Il ramarro, in realtà, è una lucertola poco amante del caldo (nell’Italia meridionale preferisce abitare le zone montuose più fresche) e nei prossimi mesi passerà buona parte della giornata nella vegetazione più fitta alla ricerca di ragni, bruchi, insetti e altri invertebrati, ma anche di uova, piccoli uccelli e frutti, cercando di sfuggire al biacco (Hierophis viridiflavus), un lungo serpente, per noi assolutamente innocuo, che è uno tra i suoi principali predatori ed è anch’esso piuttosto facile da osservare nel parco.

E’ fiorito il dittamo!

Tra aprile e maggio nel parco si concentrano bellissime fioriture distribuite un po’ ovunque. Tra gli alberi da frutto le più scenografiche sono quelle di rusticano e ciliegio; ai margini dei boschi e fra gli arbusti spiccano i bei fiori delle rose selvatiche; prati, scarpate e cigli dei fossi, invece, si colorano di tante piante erbacee, tra cui ranuncoli, salvia dei prati, salvastrella e specie più rare come l’orchidea maggiore (Orchis purpurea) e la curiosa orchidea omiciattolo (Orchis simia). In questo periodo sono iniziati anche i primi sfalci, programmati in modo differenziato e parziale per salvaguardare le specie più preziose, consentire alle erbe di completare il loro ciclo vitale e disperdere i propri semi ma anche per non perdere la bellezza di questo momento dell’anno. È un periodo felice anche per le api e i tanti altri insetti impollinatori che volano indaffarati sui fiori, beneficiando dell’abbondante cibo a disposizione.

Fra le fioriture più rare e vistose, agli inizi di maggio risaltano quelle del dittamo (Dictamnus albus) che si incontrano nella parte alta del parco, lungo il sentiero CAI 904 diretto all’Eremo di Ronzano, protette all’interno di una piccola area recintata. Questa pianta erbacea, inclusa nella flora protetta regionale, è stata introdotta nel parco nell’ambito di un progetto europeo dedicato al rapporto tra il dittamo e i suoi impollinatori selvatici, soggetti a un preoccupante declino (www.pp-icon.eu). Nel 2011 sono state prelevate alcune zolle dall’area del Farneto, nel Parco Regionale Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa, dove il dittamo cresce spontaneo, e sono state trasferite a Villa Ghigi: da allora ogni anno, in questo angolo del parco, si può ammirare anche questa splendida fioritura.