Nel parco, come in ogni ambito naturale, succede qualcosa ogni giorno. In certi periodi le novità sono tante e si succedono con una certa rapidità, tanto che a volte può sembrare di non riuscire a coglierle tutte; in altri periodi tutto va più a rilento ma qualche sorpresa e qualche osservazione curiosa è sempre a portato di mano.
Il diario del parco è una pagina che stiamo riempiendo, mese per mese e anno per anno, di annotazioni sulla natura, raccontando variazioni stagionali, fiori e frutti che appaiono, momenti di particolare bellezza, semplici osservazioni da fare sugli alberi e gli arbusti, nel sottobosco o nei prati, notizie sulla fauna, interventi peculiari per la conservazione e l'incremento della biodiversità e altro ancora.
Un esperimento, avviato nel 2016, che ci sembra apprezzato, anche nei social, dove viene spesso rilanciato con un certo entusiasmo, e per il quale accogliamo volentieri anche suggerimenti dai frequentatori, che possono segnalarci avvistamenti di fauna, episodi interessanti o curiosi, piccole scoperte naturalistiche e così via (meglio se con una fotografia a corredo).
Buone feste e felice 2020
un mondo che è troppo piccolo
perché possiate chinarvi ed entrare
anche stando su mani e ginocchia,
il sotterfugio degli adulti.
E anche se curiosate ed esplorate
con sguardo analitico,
e ascoltate di nascosto tutto ciò che diciamo
con aria divertita,
non riuscirete a trovare il punto
in cui danziamo, giochiamo,
in cui la vita dorme ancora
dietro il fiore chiuso,
dietro il guscio levigato
delle uova nella coppa del nido,
e si fa beffe del blu sbiadito
del vostro cielo più remoto.
Le “stranezze” dei funghi
L’estate 2019, calda ma non troppo siccitosa soprattutto nelle zone montane, ha fornito a tanti funghi superiori le condizioni favorevoli per la formazione dei loro carpofori (o meglio sporofori), fondamentali per la riproduzione sessuata tramite le numerosissime microscopiche spore prodotte nell’imenio (la parte fertile, disposta a seconda dei casi su superfici lisce, lamelle o tubuli). Anche nel parco non sarà sfuggita ai frequentatori una presenza di funghi maggiore rispetto agli anni passati. La specie più abbondante è stata sicuramente Armillaria mellea (noto come “chiodino”), un fungo molto diffuso e commestibile (ma attenzione: solo se molto cotto, senza gambo e liquido di cottura e non raccolto dopo una gelata o congelato da fresco!). Sono comparse anche specie dei generi Amanita, Panus, Clitocybe, Volvopluteus e altri. In questi giorni nei pressi dell’orto sotto al bosco recintato è ancora presente una specie di aspetto molto singolare, che era comparsa già all’inizio di novembre. Si tratta di Helvella crispa, un fungo ascomicete (le spore sono contenute in sacchetti allungati detti aschi) con gambo molto costoluto, cavo e di consistenza elastica, sopra al quale si trova la “mitra”, formata da vari lobi irregolari che custodiscono un imenio a superficie liscia. In passato la specie era considerata commestibile, ma molti casi di intossicazione oggi ne sconsigliano l’utilizzo per la presenza di una sostanza (la giromitrina) ritenuta pericolosa e pare anche cancerogena. Se le condizioni saranno favorevoli forse sarà possibile rinvenire ancora qualche specie curiosa nelle prossime settimane, ma senza certezze, perché i “funghi”, si sa, sono per loro natura imprevedibili e temporanei.
Sanguinello, messaggero dell’autunno
Anche se le giornate sono ancora calde, cominciano a mostrarsi i primi segni dell’autunno. Su molti alberi e arbusti i frutti stanno completando il processo di maturazione: oltre ai fichi settembrini, spiccano i cinorrodi della rosa selvatica, ora in prevalenza color arancio, e i brillanti frutti rossi del biancospino, mentre si stanno tingendo di rosso anche quelli del sorbo domestico che diventeranno bruni a maturità. Nel sottobosco, invece, stanno facendo la loro comparsa i delicati fiori rosati punteggiati di porpora del ciclamino napoletano. Come ogni anno, la prima pianta ad anticipare i colori autunnali è il sanguinello, il cui fogliame in questi giorni macchia di rosso violaceo il margine del vigneto abbandonato e altri arbusteti e siepi del parco. Il sanguinello (Cornus sanguinea) è arbusto spontaneo tipico della nostra regione, che colonizza campi e prati abbandonati. È riconoscibile dai rametti giovani rossastri con due angoli e dalle foglie opposte ovali con tre-quattro nervature arcuate ben evidenti, di colore verde chiaro in primavera e di un rosso quasi cupo in autunno. In questo periodo mostra anch’esso i suoi piccoli frutti riuniti in gruppi in cima ai rametti: delle drupe di colore nero, commestibili ma di sapore sgradevole.
Fiori di Cicoria
In questi giorni le scarpate del parco, come molti margini di strade e altri luoghi incolti in città e in campagna, sono ravvivati dai bei capolini, formati da numerosi fiori di un azzurro a volte intenso, che risaltano su erbe alte sino a 120 cm, con fusti zigzaganti coperti di piccoli peli rivolti verso il basso. Si tratta della cicoria comune o radicchio selvatico (Cichorium intybus), una specie diffusa e coltivata in tutto il mondo, ma non per questo meno ricca di interesse e qualità. Le infiorescenze, tra le più tipiche dei mesi estivi, compaiono tra luglio e ottobre e sono fotosensibili: si aprono al mattino e si chiudono all’imbrunire o all’arrivo delle nuvole; sono molto apprezzate da api e altri insetti che vi raccolgono sia polline che nettare. Le foglie, presenti alla base e molto ridotte o assenti lungo i fusti, come nel radicchio coltivato, sono commestibili da giovani o cotte e da esse è possibile ricavare anche una tintura blu per tessuti. La radice, contenente inulina e altri principi attivi, ha proprietà digestive, depurative, diuretiche e leggermente lassative; essiccata e tostata è stata usata sin dal ’600 per uso terapeutico e in seguito per produrre una bevanda amara simile al caffè (detto caffè olandese perché gli olandesi furono i primi a impiegarla per questo scopo), ma priva di caffeina e quindi adatta a tutti; oggi ne è stato sperimentato l’uso sia per aromatizzare la birra, sia in altri prodotti alimentari e dietetici.
Le cicerchie selvatiche
È arrivato il caldo e in queste settimane il parco ha iniziato a colorarsi delle tipiche fioriture che ci accompagneranno nei prossimi mesi. Eleganti campanule azzurre spiccano sulle scarpate in ombra o ai margini del bosco, mentre nei prati sono in fiore il trifoglio dei prati, la malva i convolvoli e le cicerchie. Proprio queste ultime sono tra le fioriture più appariscenti per il rosa intenso dell’ampio vessillo che ne compone la corolla. La cicerchia silvestre o cicerchione (Lathyrus sylvestris) e la cicerchia a foglie larghe (Lathyrus latifolius) sono specie comuni nei prati aridi e nelle siepi; entrambe mostrano le caratteristiche ali ai lati del fusto, un poco più ampie nella seconda, e i cirri terminali che usano per aggrapparsi ad altre erbe alte o agli arbusti. I frutti, che compariranno a breve, sono dei legumi stretti e sottili, che arrivano sino a 7 cm nella cicerchia silvestre e a 10 in quella a foglie larghe.
I semi all’interno, in genere una dozzina per frutto, erano un tempo utilizzati nell’alimentazione umana, soprattutto quando i raccolti scarseggiavano e per nutrirsi si ricorreva anche a queste piante molto rustiche. Verso la fine dell’Ottocento si è però scoperto che i semi delle varie cicerchie selvatiche contengono una neurotossina detta ODAP (acido ossalildiammino propionico) e il loro consumo prolungato può causare una grave sindrome neurologica nota proprio come “latirismo”.
Nidi artificiali: dati primavera 2019
Anche quest’anno è stato eseguito il controllo primaverile dei nidi artificiali installati in varie zone del parco. L’annata si è mostrata subito molto anomala a causa dell’andamento climatico che ha influito non solo sui tempi della ripresa della vegetazione, ma evidentemente anche sui ritmi naturali dell’avifauna. Nel caso delle cince si è verificata, infatti, la presenza contemporanea di nidi dove erano presenti solo uova, di altri con pulli appena nati e di altri ancora con giovani completamente formati e pronti all’involo. Anche nell’ultimo rilievo di fine maggio un paio di nidi erano ancora occupati da adulti, come la femmina di cinciallegra (Parus major) della foto (realizzata dal nostro esperto ornitologo Bruno Bedonni), intenta a covare nel nido, costruito con muschi, peli e piume, le sette uova bianche punteggiate di piccole macchie rosso scuro che aveva da poco deposto. Nove sono stati i nidi utilizzati dalle cince questa primavera, cinque dalla cinciallegra e quattro dalla cinciarella (Cyanistes caeruleus); tra questi ultimi, due per la prima volta. La maggioranza delle nidificazioni sono andate a buon fine; solo un paio di nidi sono stati abbandonati e in un caso sono stati rilevati segni di predazione. Visti i buoni risultati di questi anni, è stata programmata l’installazione di un altro gruppo di nidi artificiali verso l’autunno, in modo da renderli già disponibili per la prossima stagione riproduttiva.
Margherite e pratoline
Superato il periodo delle fioriture degli alberi da frutto, a colorare il parco in questi giorni sono le macchie di rosa selvatica e sambuco presenti nelle siepi e ai margini del bosco e, soprattutto, i tanti fiori delle specie erbacee che vegetano nei prati e sulle scarpate. Nei tappeti di graminacee, oltre ai numerosi fiori del trifoglio violetto o dei prati, ai ranuncoli gialli e alle lunghe spighe azzurro- violette della salvia dei prati, spiccano qua e là gruppi di margherite (Leucanthemum vulgare), da non confondere con le diffusissime e familiari pratoline (Bellis perennis). Entrambe le specie hanno infiorescenze a capolino formate da fiori gialli tubulosi al centro e da una corona di fiori bianchi a ligula, ma differiscono tra loro per dimensioni e altre caratteristiche. La pratolina è alta al massimo 15 cm, con un solo fiore a capolino largo un paio di centimetri in cima a uno stelo privo di foglie (presenti solo a terra intorno alla base del fusto). La margherita, invece, ha steli alti sino a 80 cm, leggermente legnosi alla base, singoli o ramificati, con foglioline anche lungo il fusto, dentate in maniera variabile, e capolini terminali che arrivano a 4-5 cm di ampiezza. Come le pratoline, la loro fioritura ci accompagnerà per tutta l’estate sino a ottobre, a volte prolungandosi con qualche esemplare anche nelle settimane successive.
Cotogni in fiore
Iniziata ufficialmente la primavera, in queste settimane continuano ad avvicendarsi le fioriture delle rosacee. Finito il periodo dei prugni e dei peri, è il momento dei ciliegi, di cui esistono a Villa Ghigi tanti esemplari di varietà differenti, sia ormai vetusti e senescenti sia di impianto recente e in diversi casi frutto delle donazioni di cittadini nell’ambito del progetto Un albero per te. Una fioritura che spicca in modo particolare in questi giorni per la sua abbondanza è quella del cotogno (Cydonia oblonga). Se ne possono ammirare esemplari giovani e vecchi a monte del Frutteto del Palazzino e lungo la cavedagna che da qui parte e taglia il versante. Il cotogno è un piccolo albero da frutto di origine asiatica coltivato fin dall’antichità e amante delle posizioni soleggiate. Si riconosce per i grandi fiori bianchi, in parte sfumati di rosa, e le foglie ovali, lunghe anche 12 cm, lucide nella pagina superiore, molto pelose e morbide in quella inferiore. I frutti, dei pomi di forma variabile a seconda delle varietà, maturano in autunno e non sono commestibili da freschi perché parecchio duri, ma sono molto utilizzati dopo la cottura per fare ottime marmellate, tradizionalmente impiegate nella preparazione di torte e crostate.
I fiori bianchi nel parco
Quest’anno le belle giornate di sole e la temperatura eccezionale delle ultime settimane hanno fatto anticipare in maniera evidente la primavera. Cuscinetti di primule, viole e altre specie nemorali punteggiano ora molte scarpate e tanti angoli del sottobosco, nei pressi della villa spicca la delicata fioritura gialla del corniolo, ma lo spettacolo più appariscente è sicuramente l’esplosione di fiori bianchi che si nota in tutto il parco. I primi a fiorire sono stati i mandorli, presenti con alcuni annosi esemplari nei pressi del Palazzino e un lungo filare ai lati del sentiero che sale sul confine orientale. Poi sono comparse le candide macchie dei prugnoli selvatici negli arbusteti, mentre ai lati delle cavedagne sono sbocciati innumerevoli fiori bianchi nei filari di albicocchi e soprattutto di mirabolani. Il mirabolano (Prunus cerasifera), da molti conosciuto come rusticano, è un alberello con piccole foglie ovali, lisce e dal margine seghettato, spesso impiegato come portainnesto per il susino. Nel parco sono tante le varietà di rusticani presenti, che maturano in momenti diversi dell’estate, offrendo frutti globosi che variano dal giallo al rosso e hanno una polpa giallastra, dolce oppure acidula. Nelle prossime settimane saranno i ciliegi e i peri a proseguire con le loro splendide fioriture questo grandioso preludio di primavera.
I fiori nascosti dell’olmo
Manca ancora un mese all’inizio della primavera, ma molte piante hanno già avviato la ripresa vegetativa. Sono fioriti elleboro e piè di gallo, sono comparse le prime primule e dai rami dei noccioli pendono le lunghe infiorescenze gialle. In questi giorni di sole e di temperature relativamente miti anche l’olmo comune ha cominciato a fiorire, ma i suoi fiori rossastri poco appariscenti rischiano di passare inosservati. L’olmo comune (Ulmus minor) è una specie tipica della campagna bolognese, ancora diffusa nonostante nei decenni passati una malattia fungina abbia ridotto considerevolmente la presenza di piante adulte. Nel parco si incontra un po’ ovunque: un bell’esemplare, ad esempio, domina il pianoro della fontana a ovest della villa. I fiori dell’olmo, piccoli, privi di picciolo e riuniti in fascetti sui rami spogli, possono sembrare ancora gemme, ma osservandoli da vicino si riconoscono i ciuffi di stami con le antere di un bel colore rosso. Il polline contenuto viene disperso dal vento ed è per questo che, come accade anche in altre specie arboree, la fioritura avviene prima della comparsa delle foglie, per evitare che queste possano costituire un ostacolo. Nell’olmo, però, anche i frutti anticipano le foglie: i ciuffi verdi che si vedranno sui rami in marzo saranno proprio i nuovi frutti: ovali, con un piccolo seme rossastro al centro, matureranno a fine primavera, affidando anche in questo caso al vento il compito di provvedere alla dispersione.